La mia maratona di Milano 2025 – PB e prima volta sotto le 3 ore

Ieri ho corso per la seconda volta la maratona di Milano, a tre anni dalla mia prima maratona corsa ad Aprile 2022 sempre a Milano e chiusa in 3h33.

In questi tre anni ho completato altre due maratone: Firenze 2023 in 3h17 e Valencia 2024 in 3h00, oggi correvo la mia quinta maratona dopo la débâcle di Roma.

L’obiettivo questa volta era più grande, volevo abbattere il muro delle tre ore come avevo reso noto nei video che ho iniziato a pubblicare sul mio canale da qualche mese prima della mia maratona di Valencia 2024.


Le tre ore in maratona sono un muro invisibile che per me ha sempre fatto un po’ da spartiacque.
Sono consapevole di non essere particolarmente dotato dal punto di vista fisico, e questo rende tutto un po’ più difficile ma ho imparato che confrontarsi con i risultati degli altri spesso è controproducente. La corsa di resistenza è uno sport dove il fisico conta, e conta tanto, però anche la resistenza mentale e la determinazione sono fondamentali. E io in queste ultime due cose me la cavo bene.

Negli ultimi anni/mesi ho fatto tanti sacrifici, speso soldi in coaching, abbigliamento, viaggi e gare e mi sono impegnato tanto, ma davvero tanto.
Tutto per uno sciocco numero sul cronometro?

Sì, ma anche no.
Sì: è solo un numero, e neanche strepitoso se vogliamo dirla tutta. Un numero che per tanti rappresenta un sogno, per alcuni un punto d’arrivo e per altri un punto di partenza. Insomma una pietra miliare.
No: non è solo questo. È il coronamento di un percorso lungo anni e fatto di alti e di bassi, di sconforto e di euforia, di infortuni e di picchi di forma.
Un cammino nel quale ho imparato a conoscermi e a non sottovalutarmi, ad ascoltare il mio corpo e gli innumerevoli segnali che quotidianamente mi invia e che prima di iniziare a correre non sapevo cogliere. Ho anche imparato ad avere pazienza e a lavorare duro, ad essere costante e a non pretendere risultati ma ad essere consapevole che prima o poi, quando sarà il momento, arriveranno. L’importante è non mollare mai.

La preparazione avrebbe dovuto iniziare a metà Gennaio, ma l’11 di quel mese ho preso una storta fortissima alla caviglia destra e sono rimasto fermo per due settimane. Inoltre ero appesantito dal relax post-Valencia seguito da compleanno e poi dal S.Natale/capodanno nei quali avevo preso circa 5/6kg.
Appena ripreso dalla storta (fine Gennaio) mi becco un virus che non mi impedisce di correre se non per un paio di giorni, ma mi costringe a fare “fondo lento” per un’altra settimana.
Insomma, la preparazione vera e propria inizia la seconda settimana di Febbraio.
Con il coach facciamo di tutto per incastrare qualità, allenamenti lunghi e anche lunghi variati per migliorare il finale di gara che a Valencia mi ha penalizzato, ma il tempo è poco.
Come se non bastasse, a 3 settimane dalla maratona vado a correre la maratona di Roma con l’obiettivo di fare un lunghissimo in compagnia in un luogo spettacolare.
Come scritto in questo post mi sono beccato un virus gastrointestinale e la gara salta, inoltre anche tutta quella settimana sono costretto a corsa lenta, e pure poca.

Insomma, non la miglior preparazione possibile no?

Eppure eccomi, al via con tutto l’entusiasmo possibile per fare un tentativo, al meglio delle mie possibilità.
Ho deciso, parto per correrla in 2h59 e faccio di tutto per starci, “mal che vada salto in aria e rallento” mi ripeto.

Pronti, partenza, VIA! I primi 10km scorrono veloci e l’atmosfera è quella di una festa, sento che l’andatura è sostenuta ma sono abbastanza vicino al pacer e decido di non mollarlo per nessun motivo al mondo.
Prima di partire ho detto a mia moglie “per fermarmi devono spararmi nelle gambe” e questo è il mood con cui affronto la prima metà della gara.
Solo un piccolo intoppo, durante un cambio di direzione (un tornante intorno al decimo km) un altro podista mi pesta il tallone facendomi sfilare la scarpa che grazie a Dio non si toglie del tutto e torna a posto al passo successivo senza farmi perdere tempo, la sento solo leggermente più larga ma non si è slacciata.
Si continua.

Giro di boa in 1h29m47s, il pacer è stato di parola, andremo regolari fino alla fine.
C’è un problema: io inizio ad essere stanco. Ho il fiato corto e già dal 24esimo kilometro mi sento un po’ in affanno.
I gel mi danno le energie che servono a tenermi parzialmente lucido e a far andare le gambe, ma il fiato è corto e inizio ad agitarmi.
Cado in un circolo di pensieri negativi e distruttivi che dura circa 10km, nonostante il tifo e il supporto dei numerosissimi spettatori.



Nota generale: Milano mi sembra molto migliorata in questi tre anni, nel 2022 ricordo diversi clacson e molto rancore nei nostri confronti e anche meno tifo. Quest’anno sembra invece che la città facesse in parte il tifo per noi.

In questi kilometri tutto mi fa male, le gambe, la testa, il cuore, i polmoni. Sono pronto a fermarmi.
Decido di continuare, mi faccio forza pensando ai traguardi raggiunti: la mia prima mezza maratona ad Ottobre 2018, la prima maratona (Aprile 2022), la prima mezza sotto l’ora e trenta (Febbraio 2023) e così via. Poi penso alle persone che mi circondano, la mia famiglia e i miei amici che da vicino o da lontano stanno tifando per me. Penso alla sveglia delle 5:45 che mi ha accompagnato per buona parte dell’inverno, penso al freddo, alla pioggia che mi sono entrati nelle ossa ogni singolo giorno. Penso alle odiatissime sessioni di “rinforzo muscolare” dopo aver corso.
Insomma, penso a tutto il “mazzo” che mi sono fatto in questi anni e in particolare negli ultimi 6/8 mesi.
Per farmi forza mi ripeto la solita frase, “per fermarmi devono spararmi nelle gambe” e continuo, incollato al pacer delle tre ore, ansimando e soffrendo.
Arrivato al trentottesimo il pacer mi molla, vuole rallentare un pochino ma sa che se dovessi rallentare anche io non centrerei l’obiettivo, quindi mi dice di spingere e di proseguire da solo.
No! Non ora, sono in difficoltà e mi serve una mano, oppure ce la posso fare? Ormai manca davvero un soffio, sono al limite col tempo e non ho più secondi di bonus da perdere, devo assolutamente stringere i denti gli ultimi 15/20 minuti.

Mi sforzo di entrare nel famoso “flow” ma non riesco, la testa è costantemente collegata e proiettata sul dolore. Devo per forza fermarmi, e invece no.
39, 40, 41… Ormai ci siamo, guardo l’orologio, alzo lo sguardo ed eccolo: il traguardo. Guardo il grande timer e rapidamente calcolo che ho pochi secondi per raggiungerlo, altrimenti il mio sogno sfumerebbe di nuovo per una manciata di secondi. Sprinto sentendomi Usain Bolt per gli ultimi 200m (il mio sprint è un misero 3:50/km ma arrivato a quel punto anche solo un secondo guadagnato diventa vitale e soprattutto, più di così non ne avevo).
Taglio il traguardo stravolto, felice e frastornato.
Ce l’ho fatta? Credo di sì ma voglio una conferma.
Con lo sguardo cerco mio fratello che mi ha visto arrivare e mi fa un cenno di sì, ma si precipita con lo sguardo sul telefono per verificare l’ufficialità. Pochi secondi dopo ci vediamo e capisco che ce l’ho fatta per davvero!
Non scorderò mai quel momento (ma anche tanti altri di questa giornata), vengo travolto dalle emozioni ma non riesco a piangere, forse ho finito i liquidi in corpo. Mi stampo in faccia un sorriso che ad oggi non sono ancora riuscito a togliermi e vado a prendermi la medaglia e la t-shirt da Finisher.

La maratona non dura 42,195km, dura 3 o 4 mesi. Gli ultimi 42,195 sono i kilometri finali e quelli che determinano il risultato ma il percorso è parte fondamentale della maratona. Di questo percorso conservo tanti ricordi, belli e brutti e tutti faranno per sempre parte di questo incredibile viaggio.

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